Il modello di gestione delle Rsa e dei centri diurni adottato in Regione Toscana va rivisto. Non è possibile che prima vengano esternalizzati i servizi alle cooperative sociali e poi il pubblico se ne lavi le mani, salvo poi tuonare sui giornali quando accadono episodi gravi come quello di Pescia. È già successo durante il Covid, quando Rossi si è scagliato contro i gestori delle Residenze per anziani, senza però recitare un adeguato ‘mea culpa’ per non aver trasmesso linee guida chiare ed essersi concentrato solo sugli ospedali. Alla luce di tutto questo, i rapporti pubblico-privato con le cooperative vanno ripensati in un’ottica di maggior collaborazione, attraverso tavoli permanenti e controlli puntuali sui carichi di lavoro degli operatori. Questo passaggio in Toscana è mancato e la responsabilità è di chi ha guidato l’assessorato negli ultimi anni, non certo dei lavoratori. Le cooperative di comunità rappresentano un valore aggiunto inestimabile e un vettore essenziale per scongiurare lo spopolamento di alcune aree periferiche, garantendo servizi e lavoro. Ma quando si parla di sanità bisogna ripensare il modello, procedendo eventualmente a una progressiva reinternalizzazione dei lavoratori, per poter meglio vigilare anche sulle condizioni psicologiche degli operatori.